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ORATORIO DON BOSCO - San Donà di Piave

A tu per tu con don Roberto Dissegna

del 14 giugno 2018

Ospite d’eccezione al salotto dell’angolo della Storia, don Roberto Dissegna si racconta con ironia e modestia offrendoci uno spaccato di vita oratoriana e qualche consiglio educativo da cui traspare il cuore e l’equilibrio coltivati nell’esercizio del suo incarico, anche ispettoriale.

 

Grazie, don Roberto, per aver accettato il nostro invito. Sappiamo che a Mezzano rivesti incarichi impegnativi che ti vedono in prima linea sul fronte educativo. Le curiosità sono tante. Non vogliamo forzare la tua naturale riservatezza, ma ci piacerebbe conoscerti un po’ meglio. Per questo ci permettiamo di aprire l’intervista con una serie di domande che vanno a toccare la sfera personale:

Chi sei? Com’è fiorita la tua vocazione? Come hai coltivato il sogno di don Bosco?

 

Vicentino di Rossano Veneto, ho oltrepassato la soglia dei settant’anni, per fortuna senza incontrare, per il momento, il famoso medico tedesco chiamato Alzheimer!

La mia vocazione nasce nel solco famigliare dove don Bosco era conosciuto e avevo letto più volte la vita di Piergiorgio Frassati (non quella di Domenico Savio!). La scuola media e il ginnasio a Castello di Godego, con i salesiani di allora, in particolare la direzione spirituale di Mons. Giuseppe Cognata, mi hanno condotto nel mio discernimento. Nonostante momenti di difficoltà di salute, senz’altro condotto per mano dal Signore sono giunto al sacerdozio. Ad una delle prime messe mi fece da “chierichetto” lo stesso Mons. Cognata: la persona attraverso cui il Signore aveva continuato a guidarmi.

 

Veniamo all’oggi: ci vuoi presentare la Casa in cui operi? Quali passi ti hanno condotto nella Valle del Primiero?

Mi trovo attualmente presso la  Casa Salesiana “S.Croce” di Mezzano di Primiero. L’Istituto si trova sul “terrazzo” più bello di fronte al gruppo dolomitico delle Pale di S. Martino. Ospita una scuola elementare ed una scuola media per un totale di 170 alunni.

Come sono finito quassù? Beh… 35 anni fa fui mandato qui una prima volta. Fu per me uno shock. Ero abituato alla pianura e al mare (Gorizia e Grado) e improvvisamente mi sono trovato in “montagna”! Ma per un “salesiano” la capacità di adattamento è vitale! Mi trovai bene e mi sentii accolto e benvoluto. La gran parte degli attuali alunni sono figli dei miei ex-alunni di allora...così la storia continua!

Qui sono rimasto per 5 anni e poi “l’obbedienza” mi ha portato per varie case del Veneto e del Friuli.

 

Volgendo lo sguardo all’indietro, riesci a recuperare immagini e ricordi legati all’Oratorio di San Donà, anche antecedenti al periodo 2006-2010 in cui sei stato direttore del CFP? Quali trasformazioni hai colto nel tempo?

Il mio rapporto con l’Oratorio don Bosco di S.Donà risale all’anno 1965. Vi trascorsi i 3 mesi estivi come aiutante di don Nicola all’Oratorio. Potrei scrivere un romanzo di quei mesi: la povertà dei confratelli, la povertà dell’Oratorio…di giorno il mio compito consisteva nel “prendere i pegni” che i ragazzi lasciavano in cambio di un gioco o di un pallone: alcune figurine, un berretto, un “topolino” sgualcito… e una volta ricordo anche un paio di ciabatte perché il ragazzo giocava volentieri a piedi nudi! Se avessi detto una giaculatoria per le centinaia di volte che dovevo aprire e chiedere quell’armadietto ora sarei un “santo”! E poi le Olimpiadi, annunciate in città percorrendo le strade con le bici a cui venivano attaccati con uno spago alcuni barattoli vuoti che rotolando per le strade facevano un fracasso infernale… e senza che alcun vigile intervenisse…tanto sapevano che sulla prima bici c’era don Nicola e alla fine chiudeva la fila un chierico con la veste imbrattata dalla nuvola di polvere che bici e barattoli facevano sulla strada…. 

Sono ritornato a S. Donà come assistente per il periodo estivo dal ’69 al ’72. Due mesi a Caorle e uno in Oratorio che però stava già cambiando! Il ricordo più bello in quel periodo era la vita di comunità in cui tanti confratelli alquanto originali davano un tono di leggerezza ed allegria.

Vi ho messo piede in qualche altra rara occasione, e fu in quel periodo che l’oratorio divenne un vero centro di animazione giovanile e spirituale ad opera di alcuni giovani confratelli che spesero con generosità energie, talenti e santità.

Fui poi costretto a ritornarvi per sei anni, in momenti diversi (come Ispettore, ndr) per confermare e confermarmi sul lavoro salesiano che si stava portando avanti con tanta generosità, avendo un’attenzione particolare oltre che all’Oratorio anche al Centro di Formazione Professionale, che dopo una radicale trasformazione si stava sviluppando molto bene, venendo incontro ai reali bisogni del territorio.

Nel 2006 avevo chiesto un anno di pausa per una riqualificazione spirituale e culturale, e sono stato sbalzato presso il CFP di S. Donà. Sono giunto un po’ stanco, ma dopo aver incontrato collaboratori e ragazzi mi sono ritrovato  rinvigorito e nel mio ambiente naturale. Insieme abbiamo progettato e realizzato tante intuizioni nuove, rispondenti alle richieste nuove del territorio. Non sono mancate difficoltà, ma il lavoro insieme, la fiducia reciproca, la dedizione e il sacrificio di molti collaboratori hanno fatto si che l’esperienza del CFP sia stata gratificante per tutti, ma soprattutto feconda  di futuro. La mia presenza in Oratorio è stata saltuaria, ma con il doposcuola e la Proposta Estate il CFP è diventato parte integrante dell’Oratorio.

Non posso tralasciare anche l’esperienza degli incontri con il gruppo COSPES, che mi hanno aiutato ad aggiornarmi su tanti argomenti e ad edificarmi per la loro assidua presenza.

 

Alla luce dell’esperienza maturata, quale consiglio ti sentiresti di rivolgere a tutti noi per rendere l’Oratorio sempre più rispondente agli effettivi bisogni educativi, culturali e spirituali dei giovani e delle loro famiglie?

Si sta già facendo un lavoro egregio. Ma da tempo continuo a ripetere due mie convinzioni. 

1) I nostri primi destinatari sono diventate le famiglie, i giovani subito dopo. Se non riusciamo ad incontrare almeno un gruppo consistente di famiglie che recepiscano il nostro sistema educativo, l’oratorio diventa un semplice parco-giochi. Certo non è un’impresa facile data la grande varietà di giovani che vengono in oratorio (diversità di razza, religione, tradizioni…). Se vogliamo però conservare la nostra missione specifica non ci sono altre strade. Chiunque entri in oratorio deve sapere e capire che è un “oratorio salesiano”.

2) Senza interferire con i programmi delle Parrocchie e men che meno nei riguardi di chi professa religioni diverse dalla cristiana… secondo me è indispensabile formare anche piccoli gruppi, in cui ci sia l’annuncio chiaro ed esplicito della fede cristiana, perché ormai tutto si sta “diluendo”, anche in preparazione della prima Comunione e della Cresima, in un clima nebbioso e indistinto, per cui  non si sa più cosa significa essere cristiani. Su questo punto don Bosco ha fondato l’Oratorio: “sul catechismo”. (L’oratorio, all’inizio, era un semplice catechismo” d.B).

 

Prima di salutarci, vuoi lasciarci un ultimo pensiero?

Non mi rimane che ringraziare, ringraziare, ringraziare…la comunità dei confratelli, i miei carissimi laici collaboratori del CFP, i tanti amici… perché chi vive lo spirito dell’Oratorio di S.Donà, “l’Oratorio più bello del mondo” si sente veramente in famiglia, come voleva Don Bosco. 

 

E in questa famiglia, caro don Roberto, c’è sempre posto per chi, come te, ha lasciato un segno delicato e profondo. Ti chiediamo di custodire il nostro grazie per quanto ci hai donato con la tua presenza discreta, l’accoglienza sempre calorosa, la fedeltà ad un carisma che continua ad infiammare i cuori delle giovani generazioni. Buona avventura estiva in alta quota, nella cornice naturale delle Dolomiti, la cui bellezza nutre l’anima!

 

Autore: Wally Perissinotto

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